venerdì 10 aprile 2015

IL CINEMA CHE GUARDA AL TEATRO di Anna Albertano



IL CINEMA CHE GUARDA AL TEATRO di Anna Albertano
Il prato dei Taviani
Il prato di Paolo e Vittorio Taviani, del 1979, è uno tra i pochi film italiani a rivolgere all'epoca l'attenzione all'universo teatrale, specificamente al teatro di strada. Pur come sfondo a una vicenda che volge al drammatico, riflesso di altri percorsi analoghi, di generazioni che in quegli anni hanno nutrito desideri, sogni e sono rimasti impigliati nella durezza di una realtà lontana dalle loro aspirazioni, Il prato apre uno scorcio sull'avventura teatrale che molti giovani hanno intrapreso, facendone una scelta di vita, non solo professionale, che comportava nomadismo, reinvenzione del quotidiano, riappropriazione e trasformazione degli spazi.
San Gimignano, negli echi medievali delle sue vie e piazze, e la meravigliosa campagna intorno, si prestavano perfettamente alla reinvenzione dello spazio che quell’utopia scenica presupponeva, col coinvolgimento di ragazzi e abitanti in una favola culminante nella visione del pifferaio magico che trascina tutti in una frenetica danza. Utopia naufragata che tuttavia, a differenza di altre utopie di quegli anni si avvaleva di tradizioni di arti sceniche, di musica, costumi, abilità sui trampoli, che per la loro potenzialità trasfigurante immettevano ovunque trovassero espressione fantasia, immaginazione, colore, creatività e magia.

Non è un caso che in una delle prime scene del Prato, in cui i protagonisti s'incontrano, vi sia una citazione di Les enfants du Paradis di Marcel Carné, quale riferimento ad un teatro, ad un mondo di funamboli, clown, saltimbanchi, mimi, artisti di strada, una strada a doppio filo, fra le difficoltà di una vita di espedienti, ma irradiata di momenti di luce irraggiungibile dai comuni mortali, la luce del teatro, della scena, entrando nei panni di un personaggio, guitto, acrobata, attore di strada.